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POTERE E PATHOS, PALAZZO STROZZI

‪#‎PotereePathos‬ a ‪#‎Firenze‬, ‪#‎PalazzoStrozzi‬.
Una mostra unica, imperdibile, indimenticabile: per la prima volta si trovano riuniti ben 51 capolavori, bronzi di grandi dimensioni, che non sono mai stati uno accanto all’altro. Magari per breve tempo, nei primi giorni della loro vita, quando sono usciti dalle botteghe di ‪#‎Atene‬, ‪#‎Pergamo‬, ‪#‎Alessandria‬ d’‪#‎Egitto‬, ‪#‎Corinto‬, ‪#‎Sparta‬ o ‪#‎Roma‬…
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Fino al 21 giugno a #Firenze
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Pasqua a Firenze, lo Scoppio del Carro 2015

“Ecco me lo sentivo che sarebbe accaduto, quest’anno è toccato a noi: Monna Lucrezia, mi ritrovo con il bordo del mantello cucito all’orlo della vostra veste. Ora come faremo? Ah, ma se vi prendo monelli…” disse la dama fiorentina nel pigia pigia generale di Piazza del Duomo: questa è la goliardia fiorentina, e ANCHE questo è lo Scoppio del Carro!

E che cos’è lo Scoppio del Carro direte voi? (a meno che non siate fiorentini, o comunque non lo sappiate già: in quel caso non suggerite)

Presto detto: è LA cerimonia che si terrà al termine della celebrazione della Messa Solenne in Duomo, la Domenica di Pasqua; evento che Firenze ripropone ogni anno, all’incirca da.. aspettate, fatemi fare due conti.. esattamente da 914 anni a questa parte.

Narra la storia che l’origine di questa manifestazione risalga a tempi lontani, all’epoca della Prima Crociata.

Secondo la tradizione fu il fiorentino Pazzino de’ Pazzi, dopo l’assedio alla Città Santa nel 1099, a salire per primo sulle mura di Gerusalemme, dove pose l’insegna della città di Firenze.

Per premiare questo atto di coraggio, il suo comandante Goffredo di Buglione gli donò 3 schegge del Santo Sepolcro.

Rientrato a Firenze, nel 1101, Pazzino de’ Pazzi fu festeggiato e accolto con tutti gli onori.

Fu in quel periodo che a Firenze nacque l’usanza di accendere un fuoco santo nella cattedrale – al tempo Santa Reparata – il Sabato Santo: fuoco che sprigionava le sue prime scintille dallo sfregamento delle 3 schegge di pietra.

I giovani di tutte le famiglie si recavano allora nella cattedrale, infiammavano piccole torce – dette “facelline” – avvicinandosi al fuoco benedetto che ardeva. Poi andavano in processione per la città, a portare la fiamma purificatrice in ogni focolare domestico.

Con l’andare del tempo questa cerimonia crebbe di importanza, finchè subentrò l’uso di trasportare su un carro i carboni infuocati.

Fu forse nel ‘300 che si iniziò a far scoppiare fuochi artificiali che, gradatamente, sostituirono del tutto i carboni accesi: la distribuzione del fuoco benedetto – simbolo della Resurrezione di Cristo – a tutta la città, prese così da allora valore simbolico.

Gli onori e gli oneri, dell’organizzazione e delle spese relative, erano sempre stati affidati alla Famiglia Pazzi.

Il privilegio cessò però nel 1478, a seguito della celebre congiura ordita dalla casata dei Pazzi a danno della famiglia Medici: congiura nella quale fu assassinato Giuliano, fratello di Lorenzo il Magnifico.

Dopo un’ altalena di avvenimenti storici, fu solo dopo la morte di Lorenzo il Magnifico che una provvisione governativa restituì ai Pazzi il loro diritto al patrocinio sull’evento.

Parve giusto quindi ai Pazzi allestire un carro, che fosse solido ed imponente e che dovesse durare per molti anni a venire: questo antico carro, fatto costruire dalla famiglia Pazzi, è l’attuale carro di tipo trionfale, a 3 ripiani, alto 11,60 metri, largo 2,80 metri, lungo 3,40 metri, del peso di 4.500 kg, costruito in legno di abete e di quercia. Che porta ancora oggi l’insegna araldica della famiglia Pazzi e gli stemmi dei Quartieri di Firenze.

Sul fatto che sia bonariamente chiamato dai fiorentini “il Brindellone”, bisognerebbe aprire un capitolo a parte e ricollegarsi alla festa del Santo Patrono di Firenze, San Giovanni Battista, il 24 giugno (ma il discorso allora diventerebbe esageratamente lungo, ve lo racconterò magari a tempo debito)

Per il momento sappiate che il Carro viene così chiamato per la sua struttura alta e snella.

Già finito? No, il bello viene ora!

La versione attuale dello Scoppio del Carro prevede infatti che la scintilla che fa scoppiare i fuochi d’artificio sia data da un razzo, mascherato da piccola colomba bianca, detta appunto Colombina (questa usanza sembra risalga ai primi anni del ‘500)

Ed è dal 1957 che questa cerimonia non si tiene più il Sabato Santo, come sempre fu per secoli: bensì la Domenica di Pasqua, durante la celebrazione della Messa Solenne, come vi accennavo poc’anzi.

Sabato sera la processione della Repubblica Fiorentina e quella del Gonfalone porteranno le 3 schegge dalla Chiesa dei SS Apostoli al Duomo, dove verrà acceso il fuoco benedetto.

Domenica mattina, da Porta al Prato arriverà il Carro trainato da “bianchissimi bovi” adornati di fiori colorati. Una volta davanti al Duomo i buoi verranno staccati dal carro e temporaneamente allontanati, per proteggerli dal rumore assordante e dal fumo prodotto dai fuochi d’artificio.

Al momento del “Gloria in Excelsis Deo”, il razzo-colombina verrà acceso: e “volerà” lungo un filo teso tra il presbiterio della chiesa e il Carro, accendendo i fuochi d’artificio.

La Colombina ha poi in sé anche un retro-razzo, che la deve riportare al punto di partenza, l’Altare Maggiore.

La tradizione popolare legge, nell’esito felice di questa operazione, una buona annata per quel che riguarda il frutto del lavoro dei campi.

Altresì se la Colombina, per qualsivoglia motivo, si inceppa e non giunge al carro o non riesce a far ritorno all’Altare, non sia di buon auspicio per l’anno a venire (l’ultima volta che la Colombina si inceppò fu nel 1966, l’anno della storica alluvione di Firenze )

E la burla della cucitura?

Si racconta che nel ‘600 lo Scoppio del Carro era anche una occasione per divertirsi e organizzare scherzi: la burla più frequente era quella detta “della cucitura”, messa in opera da piccoli gruppi di monelli che, al momento del volo della Colombina, quando cioè tutti erano ipnotizzati a guardare che non fallisse il suo scopo, si infilavano tra la folla e in men che non si dica cucivano insieme con del filo gli abiti degli astanti; per poi scappare a gambe levate prima che i malcapitati avessero il tempo di accorgersene; e naturalmente ridere delle persone che il più delle volte, nel pigia pigia generale appunto, inciampavano sui loro stessi mantelli e finivano a gambe all’aria.

Occhio ai soprabiti dunque: lo spirito goliardico fiorentino è vivo più che mai!

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